Oggi la gente comunica su Facebook, trova lavoro su LinkedIn, ascolta la musica su Dada o Last.fm, vede la televisione in streaming o su YouTube, pubblica le proprie foto su Flicr, organizza i propri viaggi su Tripadvisor, si informa su Wikipedia, si aggiorna su NOVA100: insomma oggi la vita delle persone è 2.0. E anche la vita aziendale deve necessariamente adeguarsi. Ma troppo spesso i Top manager delle aziende si rifiutano ostinatamente di prenderne atto, anche quando si camuffano da innovatori. Come smascherarli? La lista delle dieci spie che ci consente di capire quando un manager è in cuor suo ostile all’introduzione del social networking nei processi aziendali è ora pubblicata sul nostro blog Le Aziende InVisibili.

3 Responses to I 10 alibi del Top Manager ostile all’innovazione 2.0

  1. Viola says:

    “il social networking non può essere archiviato con fastidio come “una moda passeggera”, scrivi su Nova. Io ho solo una perplessità: nel 2006 c’è stata la ‘bolla’ Second Life, se non eri su second life eri l’azienda più sfigata, oggi SL è un isolotto alla deriva e a nessuno gliene importa più niente. Perchè dovrebbe essere diverso per i social network?

    Questa è una domanda che mi assilla; io penso che solo il tempo potrà darle un merito, ma tu ne sai di più, illuminami.

    Viola

  2. cara Viola, grazie dell’assist. Conosco bene il caso Second Life anche perchè per un paio di anni ho lavorato con un gruppo di artisti per realizzare il progetto Web Opera tratto da le aziende InVisibili (per i dettagli: http://www.marcominghetti.com/opere/le-aziende-invisibili/la-web-opera/). In sintesi Second life (che comunque è un social network) ha fallito per l’eccessiva complessità che ne ha fatto un mondo virtuale accessibile solo a pochi appassionati. Ma la rivoluzione del social networking va ben oltre l’esperimento Second Life. Alcuni numeri li ho dati nel post che hai letto, ma te ne posso dare tanti altri, anche se gli 800 milioni di persone iscritte a Facebook sarebbero già sufficienti. Ma pensa ad esempio che secondo il censis 15 milioni di italiani ogni anno usano Internet per informarsi su malattie loro o dei propri familiari. Non so tu ma io ormai la musica la ascolto solo su Dada, dove con 5 euro al mese posso ascoltare 20 milioni di dischi. Su Flicr sono postate attualmente oltre TRE MILIARDI di fotografie. I miei figli (11 e 15 anni) ormai la televisione non la guardano più, trovano tutto su you tube e io stesso i canali RAI o il TG di SKY ad esempio li seguo direttamente su PC o Ipad, su cui leggo ogni giorno la mia copia del Corriere della sera e di repubblica. Eccetera eccetera eccetera. Il Mondo è ormai 2.0. Come ha detto Chris Anderson i mercati oggi sono conversazioni, così come lo sono i rapporti fra le persone in rete. Ma, come hanno dimostrato i ricercatori dell’Osservatorio Enterprise 2.0 del Politecnico di Milano nel corso del Convegno svoltosi il 28 ottobre scorso, se le aziende si stanno faticosamente attrezzando per dialogare verso gli stakeholder esterni con i linguaggi del 2.0, faticano maledettamente a inserire al loro interno processi di comunicazione interattivi, trasversali, trasparenti perchè questo fa saltare il modello organizzativo gerarchico e fondato sul controllo panottico che è il solo modello che la maggior parte dei manager sa gestire. Ma il mondo sta andando nella direzione opposta e solo chi si attrezzerà conseguentemente potrà sopravvivere.

  3. Viola says:

    Ho letto.

    Hai ragione, credo che sia uno dei motivi, a cui non avevo mai pensato. Ma credo che non sia l’unico.

    Se parto anche io dal concetto di ‘troppo elaborato’, aggiungo subito che era un ‘gioco’, una vera e propria vita parallela. Second Life, appunto.

    Forse è proprio qui che sta la idiosincrasia, quello che non ha funzionato su SL. Il business (la gente) non ha tempo di crearsi un nuovo personaggio, una nuova vita, e starle dietro. La differenza tra SL e Facebook/Twitter/Linkedin a mio avviso è che il primo è gioco, alias, finzione, vita distante dalla vita reale, mentre i social network SONO la nostra vita di oggi, solo trasposta nell’online.

    Relazioni tra amici e condivisione di foto (potrei definire FB un divano virtuale), relazioni di business (Linkedin, ci si scambia biglietti da visita virtuali per entrare in rete con quanti più contatti possibili operino nel nostro settore, ‘sai mai che un giorno mi può tornare utile’) e ecosistema di informazioni digitali (Twitter), nel quale io credo profondamente come potente strumento di business e di self marketing.

    Insomma, io penso che i Social Network non moriranno – magari si nei loro ‘asset’ proprietari, ma non nel concetto – almeno fino a che non si trovi un nuovo paradigma che modifichi completamente le nostre interazioni.

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