Nella prospettiva dello Humanistic Management, la creatività è la capacità di realizzare qualcosa di nuovo, di sorprendente, di mai visto prima, destinato ad incidere, in misura maggiore o minore, su quanto avverrà in futuro. Essa nasce dalla capacità di essere metadisciplinari, ovvero di sapere fare riferimento, direttamente o indirettamente, a competenze specialistiche diverse da quelle che si possiedono pienamente. Per questo, la creatività richiede un ambiente sociale e culturale che possa alimentare le sue varie forme di espressione ponendo in connessione fra loro i depositari di saperi diversi.
Come ha mostrato Richard Florida, dall’Atene classica a Roma, dalla Firenze dei Medici alla Londra elisabettiana, dal Greenwich Village alla Bay Area di San Francisco, la creatività ha sempre gravitato su luoghi in grado di offrire stimoli e interscambi culturali.
Nella postfazione a Effetto Medici (ETAS 2006), discuto con l’autore Frans Johansson la tesi secondo cui, come la Firenze dei Medici fu il fulcro del Rinascimento perché consentì a scultori, filosofi, poeti di incontrarsi ed entrare in relazione, così l’azienda contemporanea può diventare un centro creativo se riesce a pensarsi come una zona in cui si realizzano tutte le ‘intersezioni’ possibili fra culture anche molto lontane tra loro: contaminandosi, ibridandosi, abbattendo le barriere interculturali o interdisciplinari, combinando in un ambiente conviviale idee apparentemente senza nulla in comune e sviluppando modi diversi di vedere le ‘stesse’ cose.
Su questa linea è anche Eric Weiner, giornalista americano con base a Washington, scrittore di viaggio che ha lavorato come corrispondente estero per la radio pubblica americana Npr dall’Asia per alcuni decenni. Ha scritto The Geography of Genius viaggiando nei luoghi che sono diventati terra di idee uniche, passando da Atene alla Firenze del Rinascimento. Fino alla Silicon Valley, patria della genialità del nostro tempo «e anche uno dei più grandi misteri ed eccezioni, considerando che la maggior parte dei movimenti creativi della storia si sono insinuati in contesti urbani e culturalmente vivaci: a Menlo Park quando è iniziata la Silicon Valley c’erano solo campi di prugne», racconta Weiner in una conversazione con «la Lettura».
«Quel che mi interessava capire è la genesi di questo tipo di cultura e perché si sia formata proprio qui e non altrove. C’è una ragione precisa che ha fatto sì che questo movimento si creasse a ovest dell’America e dalla parte opposta degli “snob della East Coast”, non nel luogo più ricco del Paese, non a New York o a Boston». La Silicon Valley è nata in California «perché doveva essere un terreno libero, aperto», continua Weiner. «Quello che accomuna la Firenze di Brunelleschi e di Leonardo da Vinci e quello che sta succedendo oggi in California — spiega — è la creazione di un movimento di idee collettivo, di competitività».
Secondo Weiner ci sono quattro chiavi necessarie che rendono il genio, o meglio la collettività dei geni, una superpotenza. «Le ho definite “le quattro D”: diversità delle idee; il discernimento; il disordine, perché dal caos arrivano sempre flussi positivi di innovazione; e il disagio, la spinta creativa nata dalle necessità».
In sintesi, rischio diffuso e accesso condiviso corrispondono ad una organizzazione esplorativa, che, attraverso l’azione degli attori che la popolano, non conserva un ordine dato, ma che si mette in condizione di rigenerare di volta in volta – e anche pericolosamente – un ordine emergente dal basso, dalle iniziative plurali dei molti soggetti e dei molti gruppi, e soprattutto un ordine a cui sono i soggetti stessi a conferire senso e validità.Rischio diffuso e accesso condiviso corrispondono ad una organizzazione esplorativa, che, attraverso l’azione degli attori che la popolano, non conserva un ordine dato, ma che si mette in condizione di rigenerare di volta in volta – e anche pericolosamente – un ordine emergente dal basso, dalle iniziative plurali dei molti soggetti e dei molti gruppi, e soprattutto un ordine a cui sono i soggetti stessi a conferire senso e validità.
Questo è il tipo di organizzazione destinato ad affermarsi nell’attuale epoca che Steve Denning definisce appunto della “Economia creativa” (cfr i post della serie L’era aurea del management è adesso. Per chi ha intelligenza collaborativa).
L’illustrazione di Luigi Serafini è tratta da Le Aziende InVisibili, di Marco Minghetti & The Living Mutants Society, Libri Scheiwiller, 2008.
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