La moralità ha come contenuto i valori personali che ci detta la nostra coscienza individuale: ciò che ciascuno di noi reputa, in cuor suo, giusto o sbagliato. Ad esempio, è in base alla propria moralità che è ammessa l’obiezione di coscienza di fronte a comportamenti che una parte significativa della società giudica leciti o, addirittura, doverosi.
Per converso, il diritto è, all’interno di questa distinzione concettuale, costituito da quelle norme che lo Stato sanziona con i propri tribunali e con la propria forza esecutiva. Ad esempio, molti doveri a cui un’impresa è tenuta sono di natura strettamente giuridica (come i reati di falso nelle comunicazioni sociali o gli illeciti commessi dagli amministratori, previsti dal titolo XI del libro V del Codice civile).
Moralità e diritto sono da sempre stati distinti: si pensi alla tragedia greca Antigone, che è tutta giocata sul conflitto tra la moralità (rappresentata da Antigone) ed il diritto (personificato da Creonte). Grande merito di Hegel è avere individuato una terza fonte della normatività in qualche modo intermedia tra la moralità ed il diritto: l’eticità.
Nell’eticità i diritti/doveri non sono né liberamente scelti (come nella moralità), né imposti da un soggetto titolare dell’esercizio legittimo della forza (come nel diritto): nell’eticità i diritti/doveri sono condivisi in una relazione intersoggettiva che si sviluppa entro uno “stare-insieme” relativamente stabile. Molte delle attese normative della nostra vita quotidiana (ad esempio in famiglia) sono di natura strettamente etica: difficilmente azionabili davanti ad un giudice e non riducibili ai valori di uno solo dei soggetti coinvolti.
Ecco che l’eticità dell’azienda non è determinata tanto dal contenuto dei suoi comportamenti, quanto dalla fonte della doverosità di quei comportamenti: in taluni paesi un certo comportamento è prescritto dal diritto, in altri il medesimo comportamento è attuato perché l’imprenditore lo vuole ‘in coscienza’. Così, con la filantropia, intesa come il gesto totalmente libero e discrezionale di chi dona – vale a dire senza coinvolgimento del donatario e, soprattutto, senza una progettualità che si sviluppa nel tempo di una relazione tra chi dona e chi riceve – non si è nel campo dell’eticità, bensì in quello della moralità. Il comportamento è etico solo quando è l’esito di un incontro (anche se con diverse gradazioni e modalità) tra organizzazione e stakeholders.
L’illustrazione di Luigi Serafini è tratta da Le Aziende InVisibili, di Marco Minghetti & The Living Mutants Society, Libri Scheiwiller, 2008.
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