Il mondo aziendale come realtà molteplice e rappresentazione riflessiva, di M. Minghetti e F. Cutrano
Con Televisione e teatro in azienda Andrea Notarnicola si impone definitivamente in Italia come uno dei maggiori esperti dei nuovi linguaggi della formazione e della comunicazione aziendale. Un risultato cui è giunto attraverso un percorso decennale sviluppatosi essenzialmente lungo due direttrici fondamentali.
La prima ha inizio nel 1996, quando pubblica Helping, formazione e teatro. L’approccio centrato sulla persona (scritto insieme a Maddalena Berlino). Un testo che ha contribuito significativamente all’affermazione del teatro come strumento formativo, attraverso la creazione di una tecnica basata sulla modalità del coinvolgimento globale (Person Centered Approach). Questa metodologia, volta a sperimentare in forme comparabili le componenti emotive in ogni gruppo di lavoro, ha trovato numerose applicazioni, fino ad ottenere un riconoscimento anche internazionale con la celebrazione del Palio Interculturale della Rappresentazione d’Impresa (ideato e organizzato dal Nostro) svoltosi a Venezia nel 2004 con grande successo.
La seconda direttrice è quella, ancora più originale, che Andrea ha seguito in qualità di pioniere della tecnologia di comunicazione aziendale che oggi appare essere in assoluto la più ricca di funzionalità innovative e, nello stesso tempo, promettente in termini di potenzialità ancora inespresse: la Business Television. Anche su questo tema, nel 2002, ha realizzato (in questo caso insieme a Flora Steinbach Palazzini) un libro importante, E l’azienda fa la Tv. Un nuovo approccio di comunicazione integrata: importante perché ha rappresentato il primo serio tentativo italiano di presentare un set di casi concreti, insieme ad una originale teoria dell’agire comunicativo in azienda, fondati sull’uso del media che, pur avendo marcato indelebilmente la crescita della società occidentale negli ultimi cinquanta anni, fino all’inizio del Duemila aveva stentato a trovare una sua collocazione nel mondo imprenditoriale.
Ecco perchè, nel 2004, abbiamo chiesto ad Andrea di partecipare, insieme a un gruppo di noti esponenti della cultura italiana da noi coordinati, alla elaborazione di una visione, alternativa al tradizionale scientific management, di cosa sia e di come gestire il “mondo vitale” delle imprese. Una apertura al nuovo in tutte le sue forme: ovvero sia alle possibilità dischiuse dall’Information & Communication Technology, sia a quelle offerte dal recupero di discipline ed arti umanistiche che sempre di più stanno tornando a catturare l’interesse di tante persone creative, intellettualmente vivaci, sensibili al cambiamento, desiderose di crescere individualmente e collettivamente: la letteratura, la filosofia, la drammaturgia, il teatro, il cinema, le arti visive, la poesia.
Questa esperienza, descritta nel libro Le nuove frontiere della cultura d’impresa. Manifesto dello humanistic management, richiama volutamente (nello spirito, certo non nella lettera), quella del Manifesto dei Futuristi, i quali, di fronte all’affermarsi di un modo nuovo di sentire il mondo, provano l’esigenza urgente di esprimerlo in un linguaggio inedito, originale, non tradizionale. Si prendano ad esempio le loro “parole in libertà”, scelte per tradurre in modo efficace una sensibilità artistica dirompente rispetto a tutte le convenzioni precedenti, formatasi sull’onda delle nuove scoperte scientifiche come il telegrafo, il telefono, il grammofono, il treno, la bicicletta, la motocicletta, l’automobile, il transatlantico, il dirigibile, l’aeroplano, il cinematografo ed il grande quotidiano (l’elenco è di Filippo Tommaso Marinetti).
Una delle “parole in libertà” del nostro Manifesto è proprio “Business Television”. Perciò abbiamo chiesto ad Andrea di incentrare su di essa uno dei dodici saggi che lo compongono, ciascuno focalizzato su un aspetto essenziale della teoria (prima parte) o della pratica (seconda parte) di quello che abbiamo definito humanistic management. In quel saggio Andrea cominciava ad individuare una serie di elementi che concorrono a definire la tv, in particolare quella aziendale, “come media e come schema mentale”.Televisione e teatro in azienda, due anni dopo, articola in un modello compiuto e sulla base di nuove esperienze (essenziali per cercare di catturare la natura di un mezzo che è in una fase di evoluzione estremamente accelerata) quelle prime intuizioni. Nella prospettiva dello humanistic management, possiamo dire che cinque sono i termini chiave di tale modello: molteplicità, metadisciplinarietà, spettacolarizzazione, sensemaking, edutainment.
Molteplicità. L’Identità molteplice: questo è il titolo delle Variazioni impermanenti con cui apriamo il Manifesto dello humanistic management. E’ una scelta precisa: al centro del nuovo modo di intendere l’impresa si pone non solo, come ormai è quasi banale dire, la persona (e non la risorsa) umana, ma soprattutto il suo nuovo modo di intendere la propria identità. E’ questo un aspetto essenziale della vita contemporanea, messo con forza in luce dai più attenti sociologi di oggi, da Zymut Bauman a Richard Florida, che però molto spesso nelle imprese gli scientific manager si ostinano a non considerare. Così espone la questione Andrea: “La relazione diretta tra collaboratore/collaboratrice e impresa diviene spinosa, se consideriamo che gli individui presentano nel nuovo secolo identità via via complesse ed espresse nella loro complessità. Nel secolo scorso l’identità corrispondeva ad un uno immaginario. La vita stessa poteva essere monocorde o molto orchestrata e variata, ma comunque era una dentro una famiglia, dentro un luogo di lavoro, dentro una città. Il nuovo secolo è rappresentato dal desiderio dell’uomo di vivere non più una sola identità o una sola vita (cioè una sola storia) ma tante storie e tante vite insieme. E’ la metafora del telecomando. Negli USA la gente cerca una vita bicoastal, con una casa a New York e un lavoro a Los Angeles o magari due o tre: perché non lavorare il lunedì a Miami, il martedì a New York facendo ogni giorno una professione diversa? Perché non essere sposati con una donna a San Francisco, con un uomo a Chicago e avere due figli «artificiali» a Boston?”
Metadisciplinarietà. Alla consapevolezza della molteplicità (che non casualmente Italo Calvino poneva come uno dei sei concetti chiave indispensabili per interpretare il nuovo millennio) dell’io individuale contemporaneo, ogni manager deve poi accompagnare quella che ogni sua decisione attiva reti (di risorse tecniche, di capitali economici e di competenze umane) evolutive e interconnesse. Non può quindi focalizzarsi su un’area disciplinare chiusa, ma il suo operare deve vivere di metadisciplinarietà e di intelligenza emotiva. Quindi di “intersezioni”, come le chiama il nuovo guru statunitense della creatività, Frans Johansson, sia sul piano dei saperi caratterizzanti le funzioni aziendali di volta in volta coinvolte, sia sul piano delle aspettative ed emozioni delle persone (colleghi, superiori, fornitori, clienti, …) con cui interagisce. Occorre dunque un effettivo passaggio dalla gerarchia alla convivialità, dall’organigramma al “personigramma”, dalla prescrizione alla narrazione, che la televisione aziendale può favorire fortemente, come mostra Andrea anche in questo libro, se riesce a divenire un modo concreto di vivere insieme, drammatizzandole, le dinamiche aziendali.
Spettacolarizzazione. Una metafora pregnante dell’organizzazione aziendale (e della vita associata più in generale) è infatti quella dello spettacolo, come sapeva già Shakespeare (tutto il mondo è un palcoscenico). Lo dimostra il fatto che, negli ultimi venti anni, gli studi organizzativi e le pratiche di sviluppo manageriale hanno fatto ampio riferimento al teatro in quanto modello di interpretazione dell’impresa, oltre che come tecnologia formativa. Inoltre, la metafora teatrale si è arricchita sempre più di nuovi contributi che hanno aperto a temi organizzativi eterogenei: dalla negoziazione alla leadership, passando per strategia e pianificazione. E non basta, perché in azienda lo spettacolo non è solo teatrale, ma anche cinematografico (Fare come Hollywood, è l’incipit del paragrafo de L’ascesa della classe creativa in cui Florida mostra come l’archetipo del team ideale sia il gruppo di lavoro, composto da attori, registi, tecnici, produttori, eccetera, che dà vita ad un film) e, appunto, televisivo. Più in generale, – nota Andrea – “le persone vogliono essere riconosciute come protagoniste di una rappresentazione”. Cresce la disponibilità di ciascuno “ad essere operaio sul palcoscenico al servizio di un copione e del regista (il progetto d’impresa e il management), purché siano garantiti anche per i ruoli più brevi gli applausi a fine spettacolo. I lavoratori diventano così lavor-attori… La nuova intelligenza collettiva, inoltre, impone una condivisione dei valori, degli obiettivi, delle strategie e dei comportamenti non una volta per tutte, ma istante per istante. Se l’azienda è una rappresentazione, deve essere in diretta”. Come in televisione.
Sensemaking. Arriviamo così al cuore del problema. Concetti quali la motivazione, l’identità, la creatività, scrive Ugo Volli, non possono essere affrontati solo in termini di razionalità dell’uso delle risorse e dei piani; chiunque abbia avuto esperienze aziendali si rende conto che solo attraverso il coinvolgimento, la mediazione, il consenso attivo di chi vi collabora possono realizzarsi le decisioni e i piani aziendali; che la capacità di azione imprenditoriale è fortemente dipendente dalla qualità della comunicazione sia interna che esterna. Nelle aziende non si tratta semplicemente di realizzare un controllo e una pianificazione centrale sulla strategia complessiva, ma di far sì che ogni livello dell’organizzazione, fino alle singole persone, agisca in vista del funzionamento collettivo. Al nuovo manager, ad uno humanistic manager, si chiede pertanto di essere un sensemaker, un produttore di senso. Contro la dittatura del “significato unico” imposto dalle procedure e dalle best practices, si impone la necessità di generare nuovi percorsi di senso e di costruire imprese in cui sia possibile a tutti scoprire le molteplici possibili strade che conducono alla piena valorizzazione del proprio potenziale e quindi alla generazione di valore per l’azienda. Una di queste strade è aperta proprio dalla televisione (anche grazie all’avvento di internet e della tecnologia digitale, che sta rapidamente abbattendo le tradizionali barriere di accesso alla produzione e alla distribuzione di programmi) intesa come efficacissimo strumento di comunicazione diretta, utilizzabile lungo tutto lo spettro di relazioni interne ed esterne dell’impresa, per creare relazioni “narrative” in grado di creare e donare senso.
Edutainment. Dovrebbe a questo punto essere chiaro perché il Manifesto dello humanistic management si chiude con un capitolo dedicato all’Edutainment, firmato dal FormAttore, nonché protagonista di molte delle avventure aziendali raccontate in Televisione e teatro in azienda, Enrico Bertolino. Come spiega Andrea: “L’intrattenimento è connotato da partecipazione passiva e assorbimento. Ha lo scopo di catturare l’attenzione del cliente così come avviene quando si assiste ad una performance. … L’apprendimento è connotato da assorbimento e partecipazione attiva. I clienti sono coinvolti sul piano mentale e fisico. L’edutainment, che nasce dal connubio tra education e entertainment, propone modalità divertenti di crescita personale.” E ancora: “L’edutainment e l’infotainment, ossia l’integrazione di formazione, comunicazione e divertimento, si diffondono in quanto riescono nel contempo a soddisfare il bisogno di una diversa atmosfera, di un nuovo contesto. Si tratta di una chiave originale per integrare la comunicazione interna con lo sviluppo organizzativo, la formazione e l’innovazione strategica, soddisfacendo contemporaneamente l’esigenza di crescita delle persone sul piano emozionale.”
Per le ragioni sopra succintamente esposte, consideriamo Televisione e teatro in azienda, che con grande gioia presentiamo in questa sede, il primo dei volumi che, dopo la pubblicazione del nostro “Manifesto”, approfondiscono modelli, teorie, concetti, inevitabilmente “impermanenti” e quindi in continua evoluzione, che nel loro complesso costituiscono il cuore dello humanistic management. Altri ne seguiranno. Ma ciò che più importa è che tutto questo serva a diffondere presso tutti coloro che hanno responsabilità manageriali la convinzione che gestire le aziende in maniera diversa da quella tradizionale, trasformandole in mondi vitali i cui asset strategici siano l’emozione, la com-passione, lo sorpresa, la creatività, il coinvolgimento responsabile e il divertimento riflessivo, ovvero in palcoscenici dove si rappresenta una leggera commedia umana, invece che una cupa tragedia schopenaueriana, non solo si deve: si può.
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