Se l’“organigramma” è una macchina, il “personigramma” è un mondo vitale.
Le caselle dell’organigramma sono cittadelle più o meno fortificate per la difesa e per l’attacco.
Al contrario, i flussi del personigramma sono umori di un melting pot e scambi discorsivi di un convivio.
Il cuore del “moderno” è la macchina, la sua logica quella meccanica.
Il cuore (auspicato) del postmoderno è la persona, la sua logica la relazione tra soggetti che esprimono iniziativa e la sviluppano nella cooperazione.
Il personigramma è, pertanto, una sceneggiatura, da aggiornare continuamente, in relazione all’esercizio interattivo dell’iniziativa personale.
E’ utile aggiungere che, nel quadro economico attuale, segnato dalla rivoluzione social ma anche da una profonda crisi a livello mondiale e dall’emergere di nuove modalità contrattuali, l’empowerment coniugato a forme flessibili di retribuzione, di orario, di organizzazione si ottiene solo se la persona trova consistenti ragioni di adesione psicologica alla mission della società di appartenenza. La rivoluzione social richiede un profondo ripensamento di comportamenti manageriali che mai come oggi devono essere ispirati da una forte visione etica.
In questo quadro è significativa l’affermazione di Mark P. McDonald Every organization is social, but few are social organizations. Mc Donald è co-autore di The Social Organization: How to Use Social Media to Tap the Collective Genius of Your Customers and Employees, dove sottolinea l’esistenza di quello che lo Humanistic Management chiama personigramma e sostiene che è a questo livello che si sviluppa la vera socialità d’impresa. E’ qui che risiede la vera forza competitiva dell’organizzazione ed in questo senso i social media sono lo strumento più adeguato per rafforzarla.
Nel Social Business Manifesto così si esprime il concetto: ”Il capitale sociale o, in altre parole, la rete di relazioni formali e informali che esistono all’interno dell’azienda, rappresentano come l’azienda stessa funziona veramente: ogni organizzazione ha una struttura formale, da cui si può desumere chi occupa quale posizione e chi riferisce a chi; ma quando si cerca di capire come realmente funzionino le cose, scopriamo una rete completamente diversa: le persone sanno a chi rivolgersi nella realtà per prendere decisioni rapide ed efficaci, indipendentemente da ciò che dice l’organigramma. Ognuno sa a chi rivolgersi se deve raccogliere informazioni aggiornate su una tecnologia o sul mercato dei prodotti. Questa rete di relazioni – il capitale sociale – è ciò che oggi dobbiamo liberare se vogliamo sfruttarlo a nostro vantaggio”.
Per questo, come si ricorda nel secondo capitolo de L’intelligenza collaborativa: ” il primo passo da compiere nella costruzione di una community può consistere nell’applicazione di un metodo ben conosciuto e consolidato anche nelle realtà più tradizionali, denominato organizational network analysis: l’analisi delle interazioni che hanno luogo nell’impresa, individuando i nodi «significativi» (persone e argomenti) con riferimento ai quali le informazioni vengono scambiate.Il sistema può gestire un numero rilevante di informazioni che, opportunamente raccolte ed elaborate in un database dedicato, vengono rappresentate graficamente in mappe cognitive di facile interpretazione. La raccolta dei dati è molto rapida e si caratterizza come una fase oggettiva eseguita dagli stessi responsabili dell’azienda, anziché essere il risultato di un’attività deduttiva condotta da una funzione specialistica interna (in genere l’Organizzazione o una analoga nell’ambito della direzione HR) o esterna (consulenti). L’elaborazione dei dati consente infine di ottenere in tempo reale un numero rilevante di mappe che visualizzano le dinamiche relazionali sia del sistema organizzativo globale sia di aree specifiche, fino al dettaglio relativo a singole posizioni o persone”.
L’illustrazione di Luigi Serafini è tratta da Le Aziende InVisibili, di Marco Minghetti & The Living Mutants Society, Libri Scheiwiller, 2008.
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