Tredicesima Variazione. L’organizzazione contemporanea si riproduce e costruisce ricchezza utilizzando risorse permeate da impalpabile essenza immateriale. In termini di politiche per il personale, questo significa il passaggio definitivo dalla gestione dei “corpi” alla valorizzazione delle “menti”, portatrici di identità multiple e desiderose di esperienze memorabili.
Nel racconto Tlön, Uqbar, Orbis Tertius, che apre il più leggendario dei suoi libri, Finzioni (1956), Borges narra di un’enciclopedia progettata per descrivere la geografia e la cultura di un pianeta immaginario: Tlön. Ad un certo punto, la realtà cede e oggetti di Tlön vengono ritrovati in diversi paesi, le copie dell’enciclopedia di Tlön proliferano, le scienze e la storia vengono riformate in base a essa: «Come non sottomettersi a Tlön, alla vasta e minuziosa evidenza di un pianeta ordinato? Inutile rispondere che anche la realtà è ordinata. Sarà magari ordinata, ma secondo leggi divine – traduco: inumane – che non finiamo mai di scoprire. Tlön sarà un labirinto, ma è un labirinto ordito dagli uomini, destinato a esser decifrato dagli uomini.» Se oggi esistesse un progetto Orbis Tertius avrebbe nelle reti informatiche il suo mezzo di realizzazione. Internet è un’enciclopedia tlöniana? Senza dubbio ci troviamo di fronte al primo ambiente artificiale condiviso da milioni di persone. La realtà, come scrive Baudrillard, si sta per dissolvere in un’ultrarealtà?
No, questa è una esagerazione. Tuttavia, se è vero che l’organizzazione si riproduce e costruisce ricchezza utilizzando risorse, il valore aggiunto delle risorse, oggi, appare sotto forma di intangibile: non conta la manifestazione materiale, conta l’impalpabile essenza immateriale. Questa comune immaterialità è la chiave di lettura che accomuna ogni riflessione che riguarda le risorse. Non conta il luogo fisico dove si lavora, perché c’è la Rete che connette. Non contano i muri del Centro di Ricerca & Sviluppo, conta ciò che si fa in quel luogo. Analogamente, potremmo aggiungere: non contano le persone, ma le loro conoscenze.
Proseguendo nel ragionamento: conta in prospettiva sempre meno una Direzione che gestisca i corpi delle persone. Conta invece una Direzione che sappia gestire, incentivare, stimolare, le loro menti, la produzione mentale. E sappia conservare, mettendolo a frutto, il ‘prodotto’ delle menti. Insomma, ci stiamo muovendo verso una Direzione che sappia sviluppare la produzione e la riproduzione di conoscenza.
Il direttore del personale deve allora essere come il decano di una faculty di cultori e specialisti di saperi, faculty da estendere, naturalmente, fino all’ultimo lavoratore che, altrettanto naturalmente, sarà uno specialista dotato di sapere, di potere di parola e d’iniziativa. Se così non è, anche il direttore del personale va immediatamente rimpiazzato con una macchina, con un cervellone elettronico, con un tableau de bord, con una cabina di regia, con un videoterminale e una banca-dati, come aveva già immaginato P.K. Dick nel romanzo Noi Marziani (1964).[60]
Il cambiamento impone poi per la Direzione del Personale l’acquisizione di un nuovo ruolo e di nuove capacità. Deve maturare la capacità, da una parte, di essere partner strategico per l’alta direzione con una consapevolezza integrata della multivarietà degli obiettivi aziendali da conseguire; dall’altra, di gestire le persone attraverso strategie che possono sembrare degli ossimori: unitas multiplex e integrated diversity.
Al di là delle formule, vi è la scoperta che l’unicità costituisce un cambio di prospettiva delle pratiche quotidiane. La gestione indifferenziata non può far maturare il potenziale esistente nelle organizzazioni: le categorie impiegato, operaio, dirigente, professional, specialista sono parole giunte al limite dell’insignificanza. Al tempo stesso, la ri-scoperta dell’unicità mostra come tale condizione sia essenzialmente relazionale: il singolo individuo vive la propria unicità passando attraverso l’esperienza di molteplici identità, aprendosi così al confronto con gli altri in una relazione scambievole, capace di colmare le rispettive mancanze. La nuova condizione umana nell’organizzazione è una relazione fra unicità multiple: una prospettiva politica, oltre che ontologica e, come tale, capace di innestare una sfida gestionale.
Sul versante degli strumenti, il management dell’unicità multipla, prima di fondarne o scoprirne di nuovi, è posto nella necessità di porre in essere modalità più autentiche nell’utilizzo di quelli già esistenti. Ad esempio, essenziale appare rifondare le prassi della valutazione delle prestazioni e del potenziale, che, nel complesso, sono rimaste a livello del dichiarato e/o del formalismo burocratico, sfociando raramente in una sistematica e florida relazione, attraverso la quale capo e collaboratore si possano confrontare e riconoscere su un piano di realtà.
Quanto poi ai nuovi “saperi” necessari in chi opera nella funzione del personale (ammesso che abbia un senso continuare a parlare di “funzione” nei termini tradizionali), è fondamentale una forte “self confident integrity”, intesa quale capacità di sostare a lungo in situazioni di incertezza. Si deve aggiungere un’estrema attenzione, più che ai segnali “deboli”, ai segnali “divergenti”, ovvero l’orientamento a cogliere una verità non già prefigurata: requisito indispensabile per lo sviluppo delle competenze necessarie al governo delle comunità di pratiche, finalizzate alla condivisione della conoscenza, che si stanno sempre più radicando nelle aziende, modificandone struttura e processi.[61]
Infine, in un mondo in cui l’individuo vuole sperimentarsi con esperienze numerose e diversificate, la Direzione del Personale deve dare l’esempio, offrendo esperienze memorabili a coloro che la contattano. Bel problema quando ha a che fare con questioni sindacali. L’unica soluzione, su questo versante, è chiamarla ad essere sempre di più un luogo di formazione e di comunicazione. Dall’ufficio alla redazione, dalle buste paga (oggi in outsourcing) agli studi di architettura per costruire scenografie negli uffici, per scegliere i tipi di luce, per collocare il plasma della tv d’impresa negli open space. Dal colloquio di selezione al casting.
L’obiettivo è creare una atmosfera piacevole e facilitante, esperienziale. Percorsi obbligatori per tutti i Direttori del Personale: corsi di formazione sulle tecniche di scrittura dei copioni e sulla comunicazione in tv.[62] Forse solo così potranno evitare un destino simile a quello del re di Babilonia, che, in un altro racconto di Borges, non si smarrì fra le mura di un bronzeo dedalo. Trovò la morte in un luogo dove non v’erano scale da salire, né porte da forzare, né faticosi corridoi da percorrere, né muri che gli vietavano il passo: il deserto. Poiché anche le aziende oggi sono un labirinto di sabbia, una sabbia elettronica fatta di pixel e di bit, di illusioni e di specchi, un labirinto multidimensionale ed infinito come il World Wide Web e i canali della Tv satellitare.
[60] “Egli vide il direttore del personale sotto una nuova luce. Quell’uomo era morto. Vide lo scheletro, attraverso la pelle dell’uomo. Lo tenevano legato insieme; le ossa erano unite tra loro da sottili fili di rame. Gli organi, che ormai se ne erano andati, erano stati rimpiazzati da pezzi artificiali: rene, cuore, polmoni… ogni cosa era fatta di plastica e di acciaio inossidabile, e il tutto funzionava all’unisono, ma senza una voce autentica. La voce dell’uomo era incisa su nastro, e proveniva da un sistema di amplificatore e altoparlante. Forse, un tempo, in passato, quell’uomo era vivo e reale, ma ora non più, e il suo sostituto clandestino aveva preso il suo posto, a poco a poco, progredendo insidiosamente da un organo all’altro; ora l’intera struttura era lì ad ingannare la gente… cercò di non guardare con troppa insistenza la struttura umanoide che gli stava davanti ma, per tutto il tempo, mentre guardava il tappeto, vedeva in funzione i tubi, le valvole e le parti mobili; non poteva fare a meno di vederli”. Fanucci, 2002, p.106.
[61] Per maggiori indicazioni sull’argomento, si veda il saggio di Paolo Costa in Le nuove frontiere della cultura d’impresa.
[62] Vedi il saggio di Andrea Notarnicola contenuto in Le nuove frontiere della cultura d’impresa.
L’illustrazione La Regina Mab è di Stefano Faravelli
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